Fibre ottiche. L’Universita’ del Sannio tra le eccellenze nel campo della Nanofotonica
Ricerca di Frontiera all’Universita’ del Sannio. Le fibre ottiche diventano nano-antenne per il riconoscimento molecolare.
La punta di una fibra ottica diventa una sonda miniaturizzata in grado di rivelare e classificare molecole anche in concentrazioni estremamente basse. E’ quanto hanno dimostrato i ricercatori del gruppo di Optoelettronica e Fotonica del Dipartimento di Ingegneria dell’Università del Sannio, guidato dai professori Antonello Cutolo ed Andrea Cusano.
A poche settimane dal riconoscimento internazionale ricevuto per la ricerca sugli aghi medicali intelligenti per l’anestesia epidurale, il gruppo di ricerca con base a Benevento si conferma un’eccellenza nel campo della Nanofotonica.
Il gruppo di ricerca infatti ha sviluppato una tecnica litografica innovativa a basso costo per la realizzazione di complesse strutture ordinate e regolari grandi miliardesimi di metro sulla punta di una fibra ottica. “La capacità di decorare la punta della fibra ottica con diversi materiali e strutture su scala nano-metrica consente di trasformare la fibra stessa in un “occhio biologico ad alta risoluzione” in grado di riconoscere molecole biologiche con grande precisione. Per capirne le potenzialità, provate a pensare a quanti risvolti applicativi avrebbe un antenna grande come un capello in grado di rilevare e classificare batteri virus, marker tumorali, stupefacenti, contaminanti alimentari e additivi, sostanze inquinanti e pesticidi” precisa il Prof. Andrea Cusano.
I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista “Light Science & Applications” del gruppo Nature e vede tra gli autori oltre ai docenti Andrea Cusano e Antonello Cutolo, i giovani e brillanti ricercatori sanniti Marco Pisco, Giuseppe Quero e Alberto Micco, Francesco Galeotti e Andrea Grisci dell’Istituto per lo Studio delle Macromolecole del CNR di Milano, Lucia Mercaldo e Paola Delli Veneri dell’ENEA di Portici.
Grazie ad un approccio fortemente multidisciplinare, il gruppo integrato ha messo a punto un processo tecnologico estremamente interessante che invece di utilizzare le moderne, potenti ma costose nanotecnologie, sfrutta la capacità di auto-organizzazione naturale di alcune strutture su scala nanometrica. Per capire meglio l’ingegnoso processo, si provi ad immaginare di lasciare cadere una manciata di biglie su una superficie piana: queste si muoveranno fino a disporsi in maniera casuale e disordinata. Quando la stessa operazione viene replicata su scale dimensionali dell’ordine del miliardesimo di metro, accade che, in certe condizioni, gli oggetti continuino a muoversi fino a disporsi da soli in maniera ordinata.